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Regia di Christian Poggioni

Con Christian Poggioni

Musica originale di Amleto Pace, Antonio Gorgoglione

Scenografia e costumi di Ambra Rinaldo

Ingresso libero

Dubitare e credere sono la stessa cosa,
solo l'indifferenza è atea

Érich-Emmanuel Schmitt racconta la storia universalmente nota di Jeshua (Gesù di Nazareth) da un’angolazione originale e provocatoria: il suo è un Jeshua dal volto profondamente umano, che esprime una istintiva gioia di vivere e una dolorosa angoscia di fronte alla morte. È un ebreo che, vissuto in una Galilea dove pullulavano i falsi Messia, per primo dubita, si interroga, vive un conflitto lacerante tra l’umano e il divino.

Lo spettacolo

Jeshua è solo sul monte degli ulivi. Sa che tra poche ore verrà arrestato e condannato a morte. Si sente sommergere dal panico, si domanda come sia giunto a questa notte decisiva. Comincia a ripercorrere le tappe fondamentali della sua esistenza terrena: dall’infanzia a Nazareth al primo amore giovanile, dall’incontro con Giovanni Battista alla ricerca mistica nel deserto, dalla chiamata dei discepoli ai primi miracoli, dallo scontro con i farisei alla scelta di sacrificarsi. È lui stesso, infine, a chiedere a Giuda Iscariota, il suo discepolo preferito, di tradirlo: solo così potrà terminare la sua scommessa.

 

L’autore

Éric-Emmanuel Schmitt è uno degli autori di maggior successo nel panorama della drammaturgia europea contemporanea. I suoi testi teatrali sono vincitori di numerosi premi, tra cui i prestigiosi Premio Molière e il Gran Premio del Teatro dell’Académie Française. Egli stesso racconta la genesi de La notte degli ulivi e Il vangelo secondo Pilato, i due testi dedicati alla figura di Jeshua di Nazareth:

“Cresciuto ateo in una famiglia di atei, laureatomi in filosofia in una Parigi diventata completamente materialista, non avevo mai prestato attenzione a quella strana storia di un falegname morto su una croce. Un giorno mi persi nel deserto del Sahara. Vicinissimo alla morte, quella notte di fuoco vissi un’esperienza mistica. Al mattino, come una traccia, un’impronta, deposta nel più intimo di me, si trovava la fede. Quel Dio del Sahara non apparteneva ad alcun culto. Tornato in Europa mi immersi nei poeti mistici di tutte le confessioni, dal buddista Milarepa a San Giovanni della Croce passando per il Sufi Rumi. A Parigi mi aattendeva un secondo choc: una notte lessi per la prima volta i quattro vangeli. Per ore fui respinto e attirato. Quella notte iniziai a credere a Cristo e a non crederci. Oscillavo costantemente. Da quella notte sono stato ossessionato dalla figura di Cristo. Alcuni anni dopo, ho deciso di chiamare questa ossessione il mio cristianesimo.”